Ufottuti

Esco e scorgo sulla sinistra cinque sfere luminose di un bagliore innaturale. Mi sobbalza il cuore e vilemente non fisso subito quei cosi. Potrebbero vedermi, sintonizzarsi sulle mie onde cerebrali, succhiarmi capacità cognitive o rapirmi per vivisezionarmi. Sarei un lurido topo da laboratorio per giustificare esperimenti universitari marziani, una vittima da sacrificare in nome di una già avanzata civiltà extraterrestre. Oppure potrei diventare il souvenir che un monooculare alieno regala alla sua piccola monooculare figlia esclamando "guarda che strani piccoli esseri ci sono sul pianeta azzurro? Tieni amore" quindi finirei stritolato tra bambole di pezza e serviti da tè marziani dopo essermi fatto strappare i bracci e tagliare i capelli con forbici tonde.
O magari m’inceneriscono appena mi muovo.
Accellero con l’auto ma non ci sono molte speranze, rivedo tutta la mia vita, ci sono tante cose che vorrei dire ai miei vecchi, chiedere scusa, dirgli che gli voglio bene e che i soldi rubati dai loro portafogli furono usati a scopo benefico: non avrei dovuto forse aiutare quella ragazza dal flessibile corpo a guadagnarsi da vivere? O perdermi nei meandri di una pianta a cinquepunte o di un caro vecchio barolo?
Ho paura, le luci gettano fotoni su tutta la strada, ogni oggetto sembra il riverbero della loro crudeltà ne percepisco quasi il calore.  Urla lamenti e schiamazzi, giungono dalle sorgenti di luce, odo genti che bestemmiano con voci stridule.  Mi avvicino sempre di più.

Giro l’auto nel piazzale e lascio alla mia destra il fottuto campo di calcio.

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