Bus Spencer

Erano eoni che non prendevo l’autobus.
Linea 35b.
Orario di punta.
Arriva un drago arancione snodabile pieno zeppo di carne umana.
Viva, sudata, pulsante.
Salgo senza nemmeno mettere i piedi in terra.
Mi sento come Freddy Mercury quando si getta sui fans.
A tutte le fermate due scendono, quattordici salgono.
Se la matematica non è un’opinione il bus dovrebbe scoppiare da un momento all’altro.
Ma non scoppia.
Forse le persone entrano una dentro l’altra come Gordian.
Ad ogni fermata il ciccione straniero davanti a me gonfia e si avvicina.
Come un puzzolente pesce palla.
I borseggiatori si meritano il loro bottino, io non riesco nemmeno a grattarmi il naso, figuriamoci a sfilare un portafogli.
Io non mi merito il mio bottino (il grassone puzza di sudore stantìo).
Potrei fuggire dai finestrini ma non ci sono (quando ero piccolo c’erano).
Respiri.
Vecchine.
Pubblicità.
Umido.
Odore di usato.
Le maniglie di gomma per tenersi oscillano e ipnotizzano la gente.
Hanno tutti uno sguardo panoramico, perso. 
E questo ciccione sa di ragù.
Al capriolo.
Con due gemme di coriandolo.
Ci credo che non lo vogliono al suo paese.
L’italia fa schifo, cazzo migra in Francia, in Germania.. alle Bahamas.
Tra una vibra-a-a-a-azio-o-o-o-one-e-e-e un’altra arrivo.
Per scendere devo sgomitare e simulare la parlata di un sordo muto.
Non ci ho messo tanto: 1:47 min per fare 6,5 Km. 1 euro di biglietto.
Chissà come mai a Firenze insistono ad andare tutti in auto.
Bah.

 

 

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